Vivere all'estero

Il Potere degli Introversi in un mondo di Expat

Essere introversi - Amiche di Fuso
Written by Veronica Marocco

Il titolo di questo post richiama un libro di qualche anno fa, assai famoso, diventato in poco tempo una sorta di Bibbia degli Introversi. Parlo ovviamente di “Quiet. Il potere degli introversi in un mondo che non sa smettere di parlare”. L’autrice, Susan Cain, è un ex avvocato, laureata a Princeton e alla Harvard Law School, che, dopo aver combattuto la propria natura per gran parte della vita, ha deciso che no, qualcosa andava cambiato.

Sono un’introversa, da sempre. Mi danno fastidio le feste in cui non conosco nessuno e sono obbligata a fare small talk. Mi piace la gente, ma a piccole dosi: il contatto prolungato mi sfinisce, ho bisogno di tornare a casa mia, alle mie cose, e stare tranquilla (per rendere l’idea: sono andata via dalla mia festa di matrimonio, ad un certo punto. Tante care cose, eh). Odio rispondere al telefono. Preferisco stare sola, che uscire con qualcuno che non mi fa impazzire tanto per avere compagnia. Mi piace parlare, anche con chi non conosco bene, delle cose che amo, anche a lungo. Quando amo qualcosa o qualcuno, è un Amore intenso e durevole. Sono un’orsa. Spesso passo per snob (e non lo sono).

L’introversione non va confusa però con la timidezza, che ha più a che fare con la paura dello stigma sociale, col terrore di essere giudicati o di fare brutte figure in pubblico, cose che a me non preoccupano piú di tanto (o meglio, mi preoccupano in un modo che reputo regolato dal comune buon senso). Mi si legge in faccia quando non sopporto qualcuno e in passato, quando ero più giovane e ancor meno diplomatica, non avevo paura a farlo capire apertamente. Io non ho paura di dire quello che penso in un gruppo, di difendere il mio punto di vista. É solo che non sarò mai la prima ad alzare la mano, non cercherò di prevaricare nessuno.

Perché tutto questo preambolo? Perché ormai 7 anni fa ho mollato tutto quello che conoscevo e sono partita per l’Asia con quello che sarebbe diventato mio marito (neanche a dirlo, un Estroverso). E dunque il mio piccolo mondo di certezze, routine, il mio cerchio magico di sicurezza è andato in frantumi.

Ogni Introverso che si rispetti 🙂 e che si sia riconosciuto sa benissimo come procedere; io stessa i primi anni ho commesso errori gravi, tipo andare sola a delle feste da 200 persone dove conoscevo solo la coppia che invitava (e dalle quali sono fuggita), o fare finta di essere socievole per reggere la situazione. Più passano gli anni e meno mi sbaglio, anche perché seguo ormai il caro vecchio mantra del

Spend your free time the way you like, not the way you think you’re supposed to
(Susan Cain)

Ma qual è il Potere degli Introversi in una situazione di espatrio? Che cosa ci rende resilienti e resistenti in una situazione di così grande cambiamento? Insomma, perché probabilmente ce la caveremo comunque alla grande?

1 – perché sappiamo stare da soli. E ci piace anche. Dunque sopravviveremo meglio alla malinconia iniziale, sperduti in un posto dove non conosciamo nessuno. Certo, non siamo dei senza cuore, dunque patiremo il distacco da casa. Ma, a differenza dei cugini Estroversi, il fatto di non avere nessuno con cui parlare non sarà un grande dramma.

2 – gli amici che troveremo in questo cammino saranno speciali. Non saranno 1000 contatti su Facebook (“Ah, sí, prendevamo l’aperitivo nello stesso posto a Hong Kong, ma non é che ci ho mai parlato”). Saranno persone che a distanza di anni e di chilometri, dopo l’ennesimo trasloco, ancora sentirai e cercherai di vedere appena possibile in questo continente asiatico che sembra non finire mai. Capiranno quello che dici quando lo dici, e ti accompagneranno nell’espatrio.

3 – perché ci accontentiamo di poco, a volte. Non c’è bisogno di essere invitati a mille feste, provare cento ristoranti o prendere dieci aperitivi. Anche se non abbiamo nulla di particolare da fare, il nostro tempo non è mai vuoto. Nel mio caso, siccome oltre che Introversa sono anche Sfigata, guardo le repliche di Chi l’ha visto su Raiplay.

4 – perché ci sono paesi in cui la “quiet leadership” non è un ossimoro e, se ti trovi a Oriente, questo è ancora più vero: un Introverso non sconvolgerà l’habitat dei suoi colleghi una volta sbarcato in azienda e, in alcuni paesi, le sue qualità potrebbero aprirgli porte inaspettate.

5 – perché nessuno ci conosce. E dunque siamo tabula rasa di fronte a questo nuovo mondo, a queste nuove persone, ed evitiamo di commettere gli errori del passato, soprattutto se proveniamo da una cerchia familiare/di amicizie/cittadina nella quale siamo stati mal giudicati.

E voi, siete più Introversi o Estroversi? Come avete reagito quando siete arrivati all’estero? Vi è servito far parte di una delle due “fazioni”?

Veronica, Taiwan

 

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Author

Veronica Marocco

Amante dei viaggi e dei libri, con la mia laurea in Lingue e il mio lavoro in hotel, sapevo che prima o poi sarebbe arrivata l'occasione di partire! Quello che non avrei mai immaginato invece, era partire dalla Francia per fare tappa ad Hong Kong, Tokyo, Taipei, Shanghai. Dopo un breve "Francia-bis", ripartire poi per Doha e, infine (per ora) Marrakech. Nel frattempo, da due siamo diventati quattro, e le nostre avventure non sono ancora finite!

12 Comments

  • Che bell’articolo, mi ci ritrovo tanto. Saper stare bene da sola mi ha reso un po’ meno duro il distacco anche se a volte le giornate passate da sola sino state lunghe. Ho imparato ad apprezzare ancor di più la compagnia di chi se la merita.

    • Io, come raccontavo in altri post qui su AdF, ho patito l’essere sola solo da quando ho la mia bambina. Il primo anno in particolare mi sentivo davvero abbandonata! E ho imparato che sola sola è una cosa, sola con creatura è proprio un’altra!

  • Da collega introversa ti capisco benissimo. E sì, ti dirò che la solitudine dell’espatrio è stata davvero un sollievo per me, credo di essere una delle poche che apprezza la sociopatia dei mezzi pubblici inglesi 😀

    • Ahaha Elisa ovvio: sia mai che qualcuno attaccasse discorso su treni, metro e bus quando ancora lavoravo (contando che poi mi portavo sempre da leggere, immagina il fuoco inside of me)!

    • A quanto pare quando viaggio ho una faccia inequivocabile da: non provate neanche ad attaccar bottone. Non è volontario, ho iniziato a farci caso dopo aver notato che un sacco di persone si lamentano che quando viaggiano devono sorbirsi conversazioni con i vicini. Cosa che a me quasi non capita, e quando capita che qualcuno abbozzi un po’ di small talk, non dura più del tempo di mezzo sorriso tirato da parte mia. Ora, con le mie amiche posso passare ore a parlare, il mio compagno ogni tanto spegne l’audio quando vado avanti a blaterare di questo e quello, ma la conversazione di convenienza giusto per riempire un vuoto mi sembra tanto un furto di tempo in cui potrei usare silenzio e solitudine per ricaricare le batterie!

      • Esattamente, poi quando attacco a parlare con le “mie” persone non la smetto più! Altrimenti “resting bitch face” tutta la vita 🙂

  • Che bell’articolo! Mi sono riconosciuta tantissimo nella descrizione che fai di te stessa 🙂
    Io sono un’ex bambina timidissima, una di quelle che le maestre segnalavano come “studiosa, ma partecipa poco”. Crescendo mi sono semplicemente resa conto di essere introversa in ambito sociale, e invece molto estroversa in ambito familiare/affettivo. Due facce della stessa medaglia. Per cui quando sono espatriata da sola non ho sofferto granché la solitudine, anzi. Adoro stare da sola, riempire il tempo come piace a me, girovagare senza dovermi mettere d’accordo con qualcuno. E quando trovo qualcuno che mi piace con cui passare il tempo, lo faccio con piacere e creo legami profondi.
    L’unico lato negativo di questo essere introversa in ambito sociale, e che si è accentuato espatriando e conoscendo tante gente nuova, è che molte persone prendono per “abnegazione all’ascolto delle vite altrui” la mia propensione all’ascolto; così mi ritrovo molto spesso a essere scelta come confidente senza che poi io senta di poter fare altrettanto con le stesse persone.

    • Hai ragione Giulia: il rischio di chi sa ascoltare è di incontrare dei “mangiatori di tenpo”: se si hanno poi amici estroversi all’ennesima potenza, e dunque spesso egocentrici, è la fine per il nostro cervello, per quanto empatici si possa essere ne usciamo sfiniti. Io personalmente dopo tanti anni ho imparato a prendere le distanze…

  • Introversa anche io 🙂
    Ho Quiet in wish list da anni e dopo la tua cit. è schizzato in testa alla classifica: sarà la mia prossima lettura 🙂
    Grazie!

    • Allora è proprio il momento di leggerlo! Alcune parti sono un po’ complesse per me che non mastico molto la psicologia, ma è una lettura davvero interessante e mi ha svelato alcuni lati dell’introversione, estroversione e ambiversione che non immaginavo!!!

  • Presente! Anch’io introversa expat, certamente reggiamo meglio l’urto della solitudine dei primi tempi, senza la smania di dover ad ogni costo trovare qualcuno con cui passare il tempo e di dover riempire ogni piccolo vuoto della nostra giornata con interazioni sociali. Inoltre andandomene ho scoperto che in altri paesi l’introversione non viene vista come un problema o grave difetto da correggere subito come invece avviene in Italia, dove sono stata giudicata snob e altezzosa (!) solo perché introversa. Al contrario in altri paesi questa caratteristica viene vista in modo più positivo, la riservatezza viene infatti apprezzata in quanto “non disturbante” la vita degli altri. Insomma, l’espatrio mi ha fatto per la prima volta capire che l’introversione non è un difetto, ma solo un modo di essere, e ne sono felice.

    • Cara Carla, a me è capitata la stessa cosa in Asia, soprattutto quando vivevo in Giappone, dove la mia attitudine non era vista come un difetto ma come un modo di essere, e tra l’altro condiviso da molte persone. A differenza ad esempio di Hong Kong, dove un piglio piu’ aggressivo ed estroverso era sicuramente un punto di forza, facendomi sentire spesso poco adatta o al posto sbagliato in alcuni ambiti lavorativi…

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